BLOG  / La mia quinta maratona

 11/04/2017 
 Correre per me è sempre stato un divertimento. Sin da piccolo quando, anziché camminare, per strada correvo anche solo per andare a scuola. E fino a quando, da ragazzo, ho fatto le gare di atletica leggera in pista.

Niente di eccezionale intendiamoci, ma correre è sempre stato un gesto naturale, spontaneo. Un gesto che ho interrotto per diversi anni da adulto: il lavoro, la famiglia, la mancanza di volontà, un po’ le solite scuse che ci raccontiamo.
 
Poi, tre anni fa, ho ripreso a correre e ho riscoperto il piacere di correre, di sudare, di sentire la fatica. Quando ho ricominciato, ricordo ancora la prima volta: ho corso per 22 minuti, avevo il cuore che andava a mille e la lingua che strisciava per terra. E soprattutto, non pensavo di ritrovarmi dopo qualche anno a correre una maratona, anzi, pensavo fosse impossibile per me che da ragazzo facevo le gare di velocità e non di resistenza.
 
Molte volte, sia nello sport che nella vita, pensiamo siano impossibili cose che semplicemente non abbiamo ancora mai fatto. Come si dice: anche una maratona inizia dal primo passo! Ed io così ho fatto!
 
Lavorando gradualmente e duramente su di me, fisicamente, mentalmente e seguendo un’alimentazione sana ed adeguata,  a novembre 2014 mi sono presentato felice come una Pasqua ai nastri di partenza della mia prima maratona a Firenze… e poi Amsterdam, Roma e Ravenna.
 
Oggi, voglio condividere questa mia passione con tutti voi e raccontarvi la mia quinta maratona!
 
Quando la mattina mi sono svegliato, la prima cosa che ho fatto è stato sbirciare il cielo dalla finestra del mio hotel. Si presentava plumbeo e, per la prima parte della giornata, le previsoni davano una leggera pioggia. In effetti ho visto delle nuvole minacciose ma speravo che le previsioni fossero sbagliate come il giorno prima. E poi, pioggia o non pioggia avevo voglia di correrla questa maratona.

Allora esco e vado a fare il sopralluogo della partenza che dall’altra parte è anche l’arrivo. E così inizio ad immagnare i momenti della partenza, la gara, l’arrivo e la medaglia al collo. Questo mi fa provare la tanto desiderata sensazione di sentirmi  pronto per questo evento.  D’improvviso, nel la mia testa e nel mio cuore mi balenano tutti gli allenamenti svolti, i chilometri percorsi, gli ostacoli superati, i salti mortali per inserire tutto ciò in un’agenda resa piena dal mio lavoro.





Ok, si va alla partenza!
 
Sono in griglia e tra poco si parte.  Controllo come sono vestito, se il cronometro è azzerato, se le scarpe sono allacciate bene. In questi minuti penso alle esperienze che ho fatto, ai trucchi e strategie utili che ho imparato per concludere con il sorriso e con piena soddisfazione la sfida, la distanza dei 42,195 chilometri.
 
Ad esempio, ho imparato che il recupero negli ultimi giorni è fondamentale così come l’allenamento e l’ho fatto. Così come non bisogna essere ansiosi e stressati. Troppi corrono la gara tante volte ancor prima che arrivi la domenica. E questo è assolutamente negativo, l’importante è stare rilassati e riposarsi per arrivare al 100% la domenica mattina. Fatto anche questo. Ma mi sbagliavo.
 
Controllo il mio cardiofrequenzimetro e vedo che il mio cuore segna 97 battiti al minuto e sono fermo! Penso che sto spendendo già energie preziose. Allora chiudo gli occhi, mi isolo dal contesto con le tante persone intorno a me, la musica che rimbomba, le note dell’inno nazionale suonato dalla banda della polizia e così via. Mi connetto con il mio respiro, mi dico “rilassati” e, magicamente,  in pochissimi secondi riapro gli occhi e i battiti segnano 75… ora sì che ci siamo!
 
Dopo il via dato dallo sparo dello starter, finalmente si corre. Sto attento al ritmo di corsa che ho impostato e so di poter sostenere fino alla fine. Cerco di non stare molto vicino agli altri per evitare contatti e cadute nei primi chilometri che sono quelli più affollati.
 
Entro subito in gara anche mentalmente, inserisco  il “pilota automatico” che, da un lato mi fa fare il ritmo più volte testato in allenamento, dall’altro mi consente di svolgere quella che io chiamo “distrazione guidata”. Guardo il contesto, le persone, il pubblico che mi da energia, i palazzi di Milano, i suoi monumenti. Le energie mentali mi serviranno nella seconda metà della gara. Questo mi da anche la possibilità di stare più rilassato, di correre in scioltezza e risparmiare qualche energia che sarà fondamentale più avanti.
Ripasso mentalmente il mio piano per mantenere la giusta idratazione e alimentarmi al meglio. Ogni 5 km c’è un ristoro e la mia strategia è quella di bere ogni volta un bicchiere di acqua e uno di sali minerali e assumere ogni 10 km un gel di carboidrati e vitamine di rapido utilizzo che porto con me.
 
La prima parte di gara scorre via veloce. Sto benissimo, la strada scorre sotto i miei piedi al ritmo he io voglio e non faccio fatica, anzi, devo concentrarmi per non esagerare. Ora le gambe sono piene di carburante e tendono ad esagerare, si lasciano prendere dalla bramosia, ma io le richiamo all’ordine. Fatico a non andar più forte ma è questo quello che devo fare: gestire il ritmo e le energie. Perciò mi rilasso, tolgo le tensioni dalle mani e dalle spalle, controllo il respiro.
 
Quasi senza sentire fatica, arrivo al tragurado intermedio della mezza maratona. Guardo il tempo, è un ottimo parziale per me. Ed ecco cosa mi dico: "Bravo! Hai già corso mezza maratona!  Devi solo correre senza andare in affanno. Togli tutte le tensioni, non pensare agli ultimi chilometri e alla fatica che sentirai, pensa alle bellissime sensazioni che vivrai dopo l’arrivo e alla tua quinta medaglia di finisher".





Intanto i chilometri continuano a scorrere veloci: cerco di riprendere quelli che vedo davanti a me, ma senza esagerare. Sono  in piazza del Duomo. Con gli occhi ammiro tanta bellezza e maestosità, con le gambe continuo a macinare metri su metri. Ci verrò dopo l’arrivo, ora devo correre. A questo punto sono al venticinquesimo chilometro, mi rilasso e cerco di riprendere quei due che ho davanti a me. In compagnia si corre meglio, è più facile e per un po’ non penso al ritmo, mi lascio andare al loro ritmo che mi sembra molto buono.

Perché alla fine, nella maratona come nella vita, bisogna prendere decisioni e avere coraggio. Poche storie, la maratona si costruisce durante il viaggio, devi essere disposto a cambiare piano se necessario. Devi evitare le insidie e allo stesso tempo sfruttare le opportunità.

E poi si avvicina il cosidetto “muro”, quello che si incontra inevitabilmente in una gara così lunga, è come volevo. Chi corre la maratona lo conosce e ci fa su mille discorsi, qualcuno lo vede prima, qualcuno lo vede dopo, qualcuno non lo incontra nemmeno. E io questa volta alla partenza ho preso in considerazione solo quest’ultima ipotesi.
 
Ebbene, dopo essermi schiantato contro, intorno al 32-34imo km, nelle precedenti maratone, questa volta arrivo fino al 37imo km senza intoppi, senza crampi e senza che le gambe pesino come due macigni. Tutto procede secondo i miei piani. L’incontro ravvicinato con il “famoso “muro” è più dolce che mai. Le altre volte si manifestava sotto forma di crampi così forti che mi impedivano di correre e mi costringevano a fermarmi, a camminare, mentre il cronometro scorreva impietosamente vanificando la prima parte di gara.

Questa volta sento solo tanta fatica e anziché vedere il muro penso e vedo il traguardo. Riesco a superare le difficoltà di questo momento con la testa e con il cuore, ponendomi obiettivi intermedi, lottando mentalmente, visualizzando l’arrivo e la medaglia che desidero più del mega panino che mangerò dopo la gara, rilassando tutti i distretti muscolari per quello che posso in questo momento.
 
Con il senno di poi, posso dire che molto dipende dalla gestione delle energie fisiche e mentali, magari le altre volte sono stato troppo dispendioso di energie nella prima parte.

Mangio ciucciando il gel che ho in tasca, bevo acqua e Sali e aspetto che gli zuccheri vadano in circolo e mi forniscano l’energia che mi serve per affrontare la parte finale. 
 
Poi, incontro chi ha esagerato all’inizio, atleti in difficoltà che alle prese con i crampi che rallentano, che si fermano. Pensare che le altre volte ero tra questi scatena il mio agonismo e mi da la carica per proseguire.
 
Intanto continuo a ripetermi come un mantra: “Rilassati!”.
 
Ed ecco l’ultimo chilometro è quasi finita, ma ho forti dolori alle gambe. Le gambe sono dure, il gesto della corsa non è più fluido, ho il polpaccio destro che strilla e nella sua contrazione porta con sé il piede che quasi non riesco più ad appoggiare bene o come vorrei sull’asfalto per spingere fino al traguardo.
 
E poi il rettilineo finale. Cerco e trovo le ultime gocce di energia rimaste in fondo al mio barile e mi godo la passerella. Tutti i dolori spariscono e sento solo la gioia per aver vinto ancora una volta questa straodinaria sfida con me stesso e la strada. Getto un’occhiata al mio orologio ed è incredibile come riesca a percorrere l’ultimo chilometro in un tempo più basso di tutti gli altri precedenti.  E alla fine segna 3 ore e 36 minuti quasi quattro minuti in meno rispetto alla mia precedente maratona. Ce l’ho fatta!
 
Mi porto a casa il ricordo del traguardo, la felicità per la medaglia al collo e per aver dato tutto me stesso. La maratona è dura ma strappa sempre un sorriso. Ed è quello che mi fa già pensare alla prossima… To be continued! 





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